ORDINE EQUESTRE
DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME
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La Diocesi di Isernia - Venafro

La diocesi comprende 27 comuni della provincia di Isernia (Acquaviva d'Isernia, Carpinone, Castelpizzuto, Castel San Vincenzo, Cerro al Volturno, Colli al Volturno, Conca Casale, Filignano, Forlì del Sannio, Fornelli, Isernia, Longano, Macchia d'Isernia,

Cattedrale di Isernia

Miranda, Montaquila, Monteroduni, Pesche, Pettoranello del Molise, Pizzone, Pozzilli, Roccasicura, Rocchetta a Volturno, Sant'Agapito, Scapoli, Sessano del Molise, Sesto Campano, Venafro) e 5 della provincia di Caserta (Capriati a Volturno, Ciorlano, Fontegreca, Gallo Matese, Mastrati di Pratella).

Il territorio è suddiviso in 48 parrocchie raggruppate in sette vicariati: Isernia, Venafro, Capriati a Volturno, Carpinone, Cerro al Volturno, Monteroduni e Pozzilli.

La cattedrale è la chiesa di San Pietro apostolo, a Isernia; a Venafro si trova la concattedrale, intitolata a Maria Santissima Assunta in Cielo.

La diocesi di Isernia fu eretta nel V secolo.

Anche la diocesi di Venafro fu eretta nel V secolo.

Dal 1032 al 1207 le sedi di Isernia e Venafro furono unite in persona episcopi.

Cattedrale di Venafro

Con la bolla De ultiori dominicae del 28 giugno 1818 papa Pio VII soppresse la diocesi di Venafro e la incorporò con quella di Isernia.

La diocesi di Venafro venne ristabilita da papa Pio IX il 19 giugno 1852 e venne unita aeque principaliter alla diocesi di Isernia che assunse il nome di diocesi di Isernia e Venafro.

Già soggetta all'arcidiocesi di Capua, con la bolla del 21 agosto 1976 papa Paolo VI l'ha dichiarata suffraganea di Campobasso-Boiano.

Il 30 settembre 1986 la Sacra Congregazione per i Vescovi ha decretato la plena unione in un'unica sede, che ha assunto il nome di diocesi di Isernia-Venafro.

La Cattedrale di Venafro è situata ai piedi del Parco Oraziano. Risalente al V secolo, fu costruita con materiali prelevati da altri monumenti di epoche precedenti (elementi romani e decorazioni cristiane, come il bassorilievo del vescovo Pietro di Ravenna: un rilievo che, per il suo aspetto inconsueto, viene chiamato dagli abitanti "Marzo Settecappotti").

L'interno è tre navate decorate da opere pittoriche del XIV secolo. La precede una grande piazza, considerata l’inizio della antica cinta muraria cittadina.

San Nicandro Martire

Martirologio Romano: A Silistra in Mesia, nell’odierna Bulgaria, santi martiri Nicandro e Marciano, che, soldati, durante la persecuzione di Diocleziano, respinsero l’elargizione fatta dall’imperatore all’esercito e, rifiutatisi fermamente di sacrificare agli dèi, furono condannati a morte dal governatore Massimo.

celebre persecuzione ordinata dell’imperatore Diocleziano arrivò nel 304 anche a Venafro, ridente cittadina dell’attuale Molise, dapprima insediamento preistorico e poi Prefettura e Colonia romana. Tra l’anfiteatro romano - conservato fin ai giorni nostri - e il tempio pagano della dea Bona - sulle cui fondamenta sorge oggi la Cattedrale di Santa Maria Assunta in cielo - vivevano due ufficiali dell’esercito romano: Nicandro e Marciano.
Le antiche fonti storiche non si pronunciano sulla loro provenienza (forse nativi della Grecia) ne tanto meno sulla loro parentela (fratelli?), ma riferiscono per certo come i due aderirono alla Fede cristiana e rifiutarono di compiere atto di culto alle divinità pagane. Nel consumarsi del loro martirio si intreccia una meravigliosa vicenda familiare: Daria, moglie di Nicandro, convertita anch’essa al cristianesimo, interverrà a spronare lo sposo incitandolo a non abiurare la Fede. Questo costerà anche a lei il martirio, che avrà luogo in un secondo momento rispetto a Nicandro e Marciano. I loro corpi furono seppelliti nei pressi di Venafro, ove già nel 313 sorgerà la Basilica cimiteriale a loro dedicata. Nel 1930 furono rinvenuti i loro sepolcri, da dove miracolosamente si rinnova il prodigio della “santa manna”, un liquido misterioso che scaturisce in circostanze liturgiche particolari.
La tradizione plurisecolare li acclama “ad immemorabili” patroni delle città e delle Diocesi (ora unificate) di Isernia-Venafro e il loro culto è attestato anche oggi dalla fede viva che accompagna le antichissime tradizioni manifestate in modo del tutto singolare nei loro festeggiamenti. Questi costituiscono un unico nel loro genere, per le tante sfumature antropologiche e religiose espresse con fare di altri tempi… Il 16 giugno, a mezzanotte, la popolazione venafrana bussa insistente alla porta della basilica, affidata dal 1573 ai padri Cappuccini. All’ apertura della porta del convento e al proclama dell’apertura dei festeggiamenti, si sonda una banda musicale fatta di strumenti semplicissimi (“bandarella”) che suonerà per tutta la notte nelle vie della città. Ma è la sera del 16 che i festeggiamenti entrano nel vivo: all’imbrunire il busto argenteo di San Nicandro (l’originale fu rubato nel 1986) e le altre Reliquie dei Ss. Martiri vengono portate processionalmente dalla monumentale chiesa della SS.Annunziata - ove sono conservate tutto l’anno - alla Basilica. Il giorno successivo, festa liturgica, accorrono in pellegrinaggio dal circondario numerosi fedeli e intere parrocchie; si rinnova il dono da parte del sindaco di ceri votivi, e la consegna al Vescovo delle chiavi della città, a simboleggiare il patrocinio di san Nicandro su Venafro. L’evento più atteso però è quello del 18 giugno sera, quando uno stuolo immenso di popolazione, accorsa anche da lontano ad ammirare il suggestivo spettacolo, riaccompagna i Santi alla Chiesa dell’Annunziata percorrendo un tragitto processionale di circa cinque ore. È qui che si dà sfogo a tutta la propria devozione, cantando ripetutamente l’antico Inno Popolare, sacro a generazioni e generazioni di venafrani. Un tripudio di suoni e di colori commuoventi… Periodicamente si svolge anche “l’Opera di San Nicandro”, una rappresentazione teatrale che narra gli eventi e il martirio dei santi Venafrani.
Nel 2003 la Diocesi di Isernia-Venafro ha celebrato solennemente i 1700 anni dal martirio di questi Patroni.
Frutto di questo avvenimento è stata la pubblicazione di un pregevole volume (AA.VV., NICANDRO, MARCIANO E DARIA, Conoscere e venerare i Patroni di Venafro a 1700 anni dal loro martirio, ed.VITMAR, Venafro 2003) che tratta scientificamente la storiografia e le tradizioni sui santi Martiri venafrani.
Oltre l’anica e nota testimonianza del Martirologio romano, che al 17 giugno recita: «Presso Venafro, in Campania, i Ss. Martiri Nicandro e Marciano, sono decapitati durante la persecuzione di Massimiano», si possono così avere numerose ratifiche da documenti come il “Museo Italico” del Mabillon, il “Breviarium Syrriacum”, e dagli studi dei Padri bollandisti. Oltre al luogo del loro martirio il loro culto è affermato a Sannicandro Garganico (FG) e a Minturno (LT) ove si venerano come patroni e a Ravenna e L’Aquila ove sorgono chiese a loro dedicate

San Marciano Martire

Martirologio Romano: A Silistra in Mesia, nell’odierna Bulgaria, santi martiri Nicandro e Marciano, che, soldati, durante la persecuzione di Diocleziano, respinsero l’elargizione fatta dall’imperatore all’esercito e, rifiutatisi fermamente di sacrificare agli dèi, Santi Nicandro, Daria e Marciano, martiri

Il martirologio romano (calendario ufficiale della chiesa latina) al giorno 17 giugno recita: "Apud Venafrum, in Campania, sanctorum martyrum Nicandri et Marciani, qui in persecutione Maximiani capite caesi sunt ". La notizia del martirologio è ratificata anche da diversi studiosi, fra i quali Mabillon nel suo "Museo italico".

Ufficiale d’origine egiziana dell’esercito romano convertitosi al cristianesimo, Nicandro, subì il martirio sotto l'imperatore Massimiliano, pur di non abiurare la sua nuova fede. Venne decapitato e sepolto nell'antico cimitero militare romano presso l’attuale città di Venafro. Secondo altre fonti invece il martirio avvenne sotto Diocleziano, nel 303. Stessa sorte subirono la moglie Daria e il fratello Marciano. Dopo secoli, per l'ostinazione di un frate cappuccino, di un convento molisano, convinto che lì si trovasse il sarcofago dell'ex ufficiale dell'esercito romano, il sepolcro venne rinvenuto e su di esso si edifico in un secondo tempo una basilica. Nel 1650, il Vescovo di Venafro, Ludovico Ciogni, romano, fece trarre a parola da alcuni codici esistenti in Roma il racconto del martirio dei Santi, che fu inserito nelle seconde Lezioni dell'Ufficio Divino, recitato dai canonici e dai sacerdoti delle diocesi di Isernia e Venafro fino alla riforma liturgica operata dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Le spoglie di san Marciano invece per tradizione sono custodite nella chiesa di san Falco a Palena, in provincia di Chieti, dove furono traslate da Venafro, secondo un'attendibile ricostruzione, per preservarle dall'invasione dei Saraceni che colpì la cittadina di Venafro nel X secolo.

Il culto di san Nicandro in tempi antichi è stato fervente in tutta l’Italia meridionale, tanto da apparire in più casi nella toponomastica del Mezzogiornofurono condannati a morte dal governatore Massimo.

Santa Daria Martire

Roma, † 283 ca.

I due santi patroni della città di Reggio Emilia vissero e morirono martiri nel III secolo, probabilmente nel 283. Crisanto figlio di un certo Polemio, di origine alessandrina, venne a Roma per studiare filosofia al tempo dell'imperatore Numeriano (283-284), qui ebbe l'occasione di conoscere il presbitero Carpoforo e si fece battezzare. Il padre Polemio cercò in tutti i modi di farlo tornare al culto degli dei, si servì anche di alcune donne e specialmente della bella vestale Daria. Ma Crisanto riuscì a convertire Daria e di comune accordo, simulando il matrimonio, poterono essere lasciati liberi di predicare, convertendo molti altri romani al Cristianesimo. La cosa non passò inosservata, scoperti furono infine accusati al prefetto Celerino, il quale li affidò al tribuno Claudio, che però si convertì insieme alla moglie Ilaria, i due figli Giasone e Mauro, alcuni parenti ed amici e i settanta soldati della guarnigione, che aveva in custodia gli arrestati. Scoperti, vennero tutti condannati a morte dallo stesso imperatore Numeriano. Crisanto e Daria furono condotti sulla Via Salaria, gettati in una fossa e sepolti vivi. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Trasóne sulla via Salaria nuova, santi Crisanto e Daria, martiri, lodati dal papa san Damaso.

SANTI CRISANTO E DARIA

I due santi patroni della città di Reggio Emilia vissero e morirono nel III secolo, l’anno del martirio si suppone fosse il 283; sono ricordati singolarmente o in coppia in svariati giorni dell’anno secondo i vari Martirologi e Sinassari, mentre il famoso Calendario Marmoreo di Napoli e per ultimo il Martirologio Romano, li ricordano il 25 ottobre.
I due martiri sono raffigurati in varie opere d’arte, reliquiari, pannelli, affreschi, mosaici, per lo più di origine italiana, situati in alcune città d’Italia, di Germania, Austria e Francia; questo testimonia la diffusione del loro antichissimo culto in tutta la Chiesa.
La loro vicenda, narrata in modo epico e fantasioso dalla ‘passio’, risente senz’altro della lontananza del tempo e della necessità di ricostruire la ‘Vita’ con pochissime notizie certe.
Questa ‘passio’ di cui si hanno versioni in latino e in greco, era già esistente nel secolo VI poiché era nota a s. Gregorio di Tours (538-594), vescovo francese e grande storico dell’epoca.
Crisanto figlio di un certo Polemio, di origine alessandrina, venne a Roma per studiare filosofia al tempo dell’imperatore Numeriano (283-284), qui ebbe l’occasione di conoscere il presbitero Carpoforo, quindi si istruì nella religione cristiana e poi battezzare.
Il padre Polemio cercò in tutti i modi di farlo tornare al culto degli dei, si servì anche di alcune donne e specialmente della vestale Daria, dotta e bella donna.
Ma Crisanto riuscì a convertire Daria e di comune accordo, simulando il matrimonio, poterono essere lasciati liberi di predicare, convertendo molti altri romani al Cristianesimo.
Ma la cosa non passò inosservata, scoperti furono infine accusati al prefetto Celerino, il quale li affidò al tribuno Claudio, che in seguito ad alcuni prodigi operati da Crisanto, si convertì insieme alla moglie Ilaria, i due figli Giasone e Mauro, alcuni parenti ed amici e gli stessi settanta soldati della guarnigione, che aveva in custodia gli arrestati.
A questo punto intervenne direttamente l’imperatore Numeriano che condannò Claudio ad essere gettato in mare con una grossa pietra al collo, mentre i due figli e i settanta soldati vennero decapitati e poi sepolti sulla Via Salaria; dopo qualche giorno anche Ilaria mentre pregava sulla loro tomba morì.
Anche Crisanto e Daria dopo essere stati sottoposti ad estenuanti interrogatori, furono condotti sulla Via Salaria, gettati in una fossa e sepolti vivi sotto una gran quantità di terra e sassi
Dagli ‘Itinerari’ del secolo VII, si sa che i due martiri erano sepolti in una chiesetta del cimitero di Trasone sulla medesima Via Salaria nuova. Una notizia certa riferisce che per la festa dei santi martiri, affluivano molti fedeli ai loro sepolcri e che il papa Pelagio II nel 590, dette alcune reliquie ad un diacono della Gallia.
Ma la storia delle reliquie è intessuta di notizie contraddittorie e leggendarie, la tradizione vuole infatti che furono operate tre traslazioni, una da papa Paolo I (757-767) che dalla Via Salaria le avrebbe portate nella chiesa di S. Silvestro a Roma; la seconda da papa Pasquale I (817-824) che invece le avrebbe trasferite dalla Via Salaria alla Chiesa di Santa Prassede e l’ultima da papa Stefano V (885-891), che le avrebbe portate al Laterano.
Da questa ultima chiesa poi nell’884 sarebbero state portate nel monastero di Münstereiffel in Germania, ancora nel 947 le reliquie sarebbero state trasferite a Reggio Emilia, di cui s. Crisanto e s. Daria sono i patroni, ad opera del vescovo Adelardo, il quale le avrebbe avute da Berengario che a sua volta le aveva ricevute nel 915 da papa Giovanni X, come si vede un bel ginepraio.
Altre città rivendicano il possesso di reliquie come Oria (Brindisi), Salisburgo, Vienna, Napoli.
Il duomo di Reggio Emilia possiede i due busti reliquiari in argento dei martiri, opera di Bartolomeo Spani.

 

ARCIVESCOVO: S.E. Mons. SALVATORE VISCO

Superficie in Kmq*: 740
Abitanti**: 60.052
Parrocchie**: 48
Numero dei sacerdoti secolari*: 58
Numero dei sacerdoti regolari*: 7
Numero dei diaconi permanenti*: 13

Indirizzo della Curia:
Piazza Andrea d'Isernia, 2
86170 Isernia (IS)
Recapiti:
Tel. 0865 50849
Fax. 0865 415337
E-mail: diocesiiserniavenafro@virgilio.it
Sito diocesano

(*)i dati diocesani tratti dall'Annuario Pontificio, edizione 2009
(**) Totale dei dati diocesani desunti dall'archivio dell'Istituto
Centrale per il sostentamento del clero, aggiornamento mensile

 

 
“.. lo zelo alla rinuncia in mezzo a questa società di abbondanza, il generoso impegno per i più deboli ed i non-protetti,la lotta coraggiosa per la giustizia e la pace, sono le caratteristiche dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro.."
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